venerdì 2 ottobre 2009

Oggi rifletto sul formalismo - parte 2 di 5




Qui la prima parte.
Ora la seconda parte.

Come sappiamo, puntando il dito alla luna, potremmo dimenticare la luna e osservare solo l’estremità di una mano, ricercando crateri e dune tra lo sporco dietro a un’unghia.
Questo accade, per lo più, quando quello che stiamo osservando si presenta come un insieme di stimoli complessi, stratificati e multipli. Il fumetto è una delle forme di comunicazione più ambigue che conosca, costituita dall’accostamento di linguaggi diversi, da associazioni multiple e contraddittorie, dall’esaltazione delle idiosincrasie degli autori.
È per queste ragioni che il fumetto seriale e/o popolare si basa molto sul concetto di riproduzione e di ripetizione, per sviluppare una familiarità nel lettore che non disorienti eccessivamente, all’insegna di una semplicità che è, più volte che non, vicina alla semplificazione piuttosto che all’essenzialità. Pensiamo, per esempio, al realismo avventuroso di casa Bonelli. Il meccanismo produttivo di tali fumetti è molto impegnativo, sia per numero di tavole/ore di lavoro, che per l’attenzione alla verosimiglianza dei disegni rispetto alla realtà, alla vicinanza con un reale che, per quanto addomesticata, richiede molto studio e attenzione. Tale procedimento, tuttavia, richiede agli autori un minor sforzo di lavoro sul simbolo, sul linguaggio, sulla forma, perché, come dire, pre-costituito, già dato (sul piano del reale), da un lato, già acquisito (sul piano formativo e culturale), dall’altro. Per il lettore è lo stesso. Il lavoro di interpretazione di quanto si sta leggendo, osservando e vivendo è semplificato da quanto già acquisito con l’esperienza.
Al contrario, un fumetto più personale, autoriale, slegato da certi meccanismi e strutture pre-costituite, richiede all’autore un maggior sforzo di immaginazione per ri-definire simboli, accostamenti, relazioni, linguaggi e al lettore per interpretarli e farli propri.

Nei casi in cui la ricerca porta l’autore a creare un fumetto estremamente simbolico ma semplice, come certo minimalismo moderno (Jason) o alcuni esperimenti di Trondheim (Mister I, A.L.I.E.E.E.N.), al lettore non viene richiesto soltanto uno sforzo di comprensione o interpretazione “linguistica”, ma anche un’apertura mentale e concettuale che gli permetta di accettare e di assorbire un tratto e una storia diversi dalle aspettative (si pensi all’effetto che fanno le storie autobiografiche di Jeffrey Brown).
Ed allora, cosa succede al lettore quando si avvicina a un fumetto diverso dal quale è abituato?
Nella mia esperienza, il primo approccio e il primo livello di attenzione riguarda l’oggetto “fumetto”, o “libro-fumetto”. Lo osservo nel suo insieme, appunto come “oggetto neutro”. Ed è per questa ragione, credo, che si è sviluppata negli anni una grande attenzione al design dell’oggetto-fumetto, ancor più per gli autori più vicini al formalismo (come Ware, appunto).
In un secondo momento, sfoglio velocemente le pagine, per recepire le sensazioni che l’impatto grafico complessivo, lo stile, mi comunicano. Non c’è il tempo, in questa fase, di soffermarmi sui particolari, ma sulle tavole nel loro insieme sì. È in questo momento che sono aperto alla comprensione di segnali di un approccio formale, che comprendo l’equilibrio delle tavole nel loro insieme e delle tavole tra loro. È un’attenzione che in larga parte prescinde dal contenuto, dalla storia e che si avvicina alla “lettura” propria delle arti visive, dove si cerca di scoprire una narrazione tra i segni. Questa fase è quella che più spesso porta a delusioni, perché sono molti meno di quanto si vorrebbe i fumetti che funzionano da questo punto di vista. Ma è naturale che sia così, e rivela in modo netto la specificità del fumetto rispetto alle arti visive. Sfogliare velocemente Figlio di un preservativo bucato di Howard Cruse, per fare un esempio, può lasciare molto freddi, distaccati e sono pochissimi i segnali “superficiali” che possiamo cogliere a indicarci quanto sia in realtà buona quella storia.
Tali segnali si manifesteranno solo nella fase successiva, quella nella quale si inizia effettivamente la lettura.


Harry
(continua)

(c) howard cruse


(c) jeffrey brown

3 commenti:

  1. Harry, le tue analisi sono sempre estremamente acute, e dai degli spunti veramente, ma veramente interessanti.
    Però, devo dirtelo, le immagini sono troppo piccole! Non si riesce a vedere niente della tavola di Cruse, neanche cliccandoci sopra!
    Un true believer.
    ;-)

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  2. ciao heike.
    lo so, hai ragione.

    è che vorrei avere il tempo per usare solo immagini che scansioni personalmente, ma mi è spesso impossibile. per cui pesco dalla rete quello che mi sembra più adatto. a volte cannando completamente. ci starò più attento!

    harry

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  3. Non preoccuparti, sono solo un rompiscatole. ;-)

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