martedì 17 novembre 2009

Supereroi e strisce. Parte 2 - La libertà delle strisce

- ehi, cosa sta succedendo?!
- ho subaffittato metà del nostro spazio a una striscia di avventura.
avevano bisogno dello spazio e noi avevamo bisogno dei soldi.



Intro.
Prima parte.

Torno a parlare di supereroi e strisce, le forme popolari per eccellenza del fumetto statunitense. Oggi parliamo di libertà espressiva nelle strisce.

Sulle strisce si è costruita la storia, la prima, del fumetto statunitense. Ancora oggi, sono un patrimonio straordinario di idee, approcci differenti, quotidiani ritorni.
La striscia funziona così, più o meno da sempre: la si trova su un giornale, quello che leggi, una al giorno, e la si assapora una dose alla volta, regolarmente. Negli anni in cui i quotidiani vendevano molto di più, 50, 100 volte tanto, le strisce migliori diventavano oggetto di vere dispute e di conflitti editoriali, di marketing ed economiche. Perché il meccanismo della quotidianità della striscia era uno dei motivi per i quali un lettore tornava, giornalmente, a comprare quel quotidiano piuttosto che un altro. Peccato perdere un numero, perché voleva dire bucare una puntata della tua striscia favorita.
Il termine, strip-striscia, dice tutto del formato e nulla del contenuto. Non proverò ora a raccontarne le caratteristiche e l’evoluzione. Ma mi preme evidenziare un’idea: detto della presunta rigidità della forma, del contenitore, il contenuto ha negli anni mostrato massima flessibilità. Tanto da spingere Mort Walker, noto e anziano fumettista, a dichiarare in una recente intervista del Comics Journal (#297; qui un estratto) curata da R. C. Harvey:

As a personal enterprise for a cartoonist, the comic strip is one of the few media that allows one person to express his philosophy, his anger, his joy, and his disappointment without outside restriction. It is one of the purest forms of art and expression that exists.

(Per un autore di fumetti, come impresa personale, la striscia
è uno dei pochi mezzi di comunicazione che permette a una persona di esprimere la propria filosofia, la propria rabbia, la propria gioia e la propria delusione senza restrizioni esterne. È una delle forme d’arte ed espressive più pure che esistono.)

Walker ha più di ottant’anni, ha un’impresa familiare che produce strisce (sei dei suoi figli sono impegnati lì, insieme a un gruppo ormai storico di collaboratori) ed è un perfetto esempio di self-made man americano. Dall’intervista di Harvey, molto dettagliata e documentata ma fin troppo compiacente, Walker si configura come un uomo affabile, sempre sorridente, abile imprenditore di se stesso, amato da tutti, con molte idee, predestinato alla realizzazione. Questo suo ottimismo, dall’alto dei suo anni, è senza dubbio giustificato dal successo di almeno due delle tante strisce che ha realizzato, ovvero Beetle Baily e Hi and Lois, che hanno visto la luce agli inizi degli anni ’50 e tuttora in produzione. Ma non è per queste due strisce che vi parlo di Walker, bensì per l’ottima e innovativa Sam’s Strip, realizzata agli inizi degli anni ’60 con il fondamentale contributo del disegnatore Jerry Dumas.



Sam’s Strip è una striscia che parla di strisce. È uno dei primi lavori popolari statunitensi squisitamente meta-fumettistici, anche se episodi (saltuari) di questo tipo si erano già visti altrove (per esempio sulla misconosciuta, in Italia, Pogo di Walt Kelly, che meriterebbe un giorno una ristampa organica). Sam’s Strip ebbe due anni di vita, prima di morire per il poco interesse dei giornali e del syndicate che la distribuiva (ebbe poi una nuova incarnazione, Sam and Silo, ma senza la stessa efficacia). In quei due anni, Walker e Dumas sperimentarono in completa libertà e svelarono al pubblico molti dei meccanismi che reggevano le strisce (umoristiche) fino a quegli anni. Alcune idee sono davvero efficaci, divertenti, e frutto di pura invenzione iconica. C’è il ripostiglio delle onomatopee usate nelle strisce, c’è la riflessione sulla gabbia, sulle proporzioni e le inquadrature, sulle tecniche per lavorare sulla ripetizione quotidiana (che lega il pubblico alle strisce) nelle sue molteplici varianti. Dumas è un maestro del disegno e il suo processo di sintesi, che lo ha portato a conoscere perfettamente il valore comunicativo di ogni singola linea, è da studiare per ogni aspirante disegnatore. La striscia, per i limiti che la caratterizzano (sempre maggiori, visto lo spazio sempre più ridotto che hanno nei quotidiani), richiede essenzialità e massima comunicazione con poco. L’estrema parsimonia di mezzi fa di questa forma di comunicazione una specie unica e rara. E dal potenziale simbolico enorme. (Senza citare il fatto che in questa forma nacquero lavori molto più stratificati e complessi, sia sul piano dei temi trattati che dell’invenzione visiva).



Oggi, il problema rispetto all’affermazione di Walker riportata sopra è che la libertà espressiva delle strisce è condizionato da diversi fattori, in primis la distribuzione dei quotidiani e le loro tirature (in crisi nera), e dalla politica dei syndicate che da sempre governano le sorti delle daily strip. Un esempio di libertà per così dire condizionata ce lo offre sempre Walker all’interno dell’intervista sul Journal di cui sopra.
Beetle Baily, la sua striscia più famosa, racconta le vicissitudini di uno svogliato ragazzo all’interno dell’esercito. L’idea di Wolker era di giocare con l’autoreferenzialità di quel mondo, in contrasto con la concreta idiosincrasia di un ragazzo non proprio brillante, ma che osserva quel mondo con gli occhi di chi è fuori. Criticata apertamente negli anni ’50 dall’esercito degli Stati Uniti, la strip ebbe un’impennata di vendite e di interesse pressoché immediata, che ne fece un clamoroso successo. Da lì a qualche anno, Beetle Baily venne accettata anche dall’establishment, tanto da portare Walker a ricevere premi all’interno del Pentagono! Il motivo? L’approccio neutrale o politicaly correct di Walker. A Harvey, nell’intervista, egli dichiara apertamente di non aver mai voluto prendere posizioni chiare sulle tante guerre che hanno sconvolto le coscienze civili degli americani (il Vietnam in primis) per non perdere metà dei propri potenziali lettori. Decise semplicemente di non affrontare quei temi. Ed ecco che, nel tempo, il gioco di Beetle Baily si è fatto sempre più cristallizzato, a-temporale, acritico e autoreferenziale. Lo sberleffo a un sistema è stato incorporato nel sistema stesso, rendendolo simpatico, un giocattolo comprensibile e accondiscendente.

Perché ancora, in periodo di crisi di vendite, il problema delle strisce è non avere lettori, e trovare strade per compiacerli. I giornali vendono sempre meno, riducono via via lo spazio ai fumetti perché sempre meno interessanti dal punto di vista commerciale, continuano a ristampare e ristampare le strisce long-seller (i Peanuts su tutte), pubblicano nuovi episodi di strisce antiche, su concetti antichi, realizzati dagli eredi artistici di ideatori ormai scomparsi (sono le così dette legacy strip, come Gasoline Alley, Popeye, ecc.) e perdere una fetta di pubblico per posizioni chiare sul piano ideologico rappresenta un rischio enorme (per uno scorcio piuttosto completo dello stato delle strip negli anni 2000, si legga sempre The Comics Journal, #286, ancora a firma di R.C. Harvey). Soprattutto se, a differenza per esempio del Trudeau di Doonsbury, si è cresciuti con l’idea che la soluzione migliore alla vita fosse sorridere a tutti ed essere apprezzati da più persone possibili. Insomma, in un tale contesto, lo spazio per la completa libertà espressiva nelle strisce appare essere, questa sì, una vera posizione ideologica che richiede un numero piuttosto alto di compromessi e di colpi di fortuna. Lo spazio perché nuove idee e nuovi autori provino la loro fortuna è sempre minore, e il livello di rischio che i syndicate vogliono prendersi è sempre meno.
Ma se la fotografia che ci offre l’intervista a Walker appare quanto meno sfocata, in particolare se rapportata all’oggi, è indubbio che la fucina delle strisce ha dato spazio e risalto a idee, protagonisti e autori straordinari, da recuperare, studiare, amare.


Harry.
(continua e finisce)


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