lunedì 17 maggio 2010

Premio Micheluzzi 4

Concludo le mie riflessioni sul Premio Micheluzzi dell'ultima Napoli Comicon.
Inizio.
Prima parte.
Seconda parte.

Politica e gusti

Uno sguardo complessivo alle scelte della giuria porta necessariamente a una considerazione ovvia quanto fastidiosa: i premi sono distribuiti in modo equo, quasi geometrico, tra i diversi editori. La distribuzione politically correct porta con sé necessariamente il dubbio già espresso che non vi sia, in questo premio, alcun valore culturale e critico, ma che sia legato alla necessità più o meno consapevole di accontentare tanti, se non tutti. Il premio sarebbe quindi uno strumento per costruire consenso intorno alla convention, sotto molteplici punti di vista, e non il culmine di una riflessione sul fumetto, come già detto. In questo, non intendo dire che vi sia una premeditazione, ma un condizionamento implicito, che si esprime più o meno in questo modo: non abbiamo ancora premiato Panini, per cui il premio a Pluto non possiamo negarlo (Pluto solo a titolo di esempio). Per chi fa classifiche o decide premi si tratta di un meccanismo noto e molto insidioso, che può essere disinnescato solo a fronte di un chiaro pensiero alla base delle scelte.
Anche perché, al contrario, l’eventuale condensazione di premi verso una casa editrice o l’esclusione di altre particolarmente rilevanti (sotto il profilo economico-“politico”) potrebbe rilevarsi ancor più un’arma a doppio taglio. La normalizzazione implica la diffusione dei rischi e delle responsabilità.
Anche se l’assenza, per esempio, di Planeta De Agostini tra i vincitori offrirebbe alcune considerazioni, in questo senso.
Ma le dietrologie, si sa, sono figlie di ogni scelta. E questa considerazione non vuole essere un’accusa di malafede, ma dell’assenza di criteri espliciti o condivisibili che hanno determinato la scelta delle nomination prima, e dei vincitori dopo, mancanza che mostra il fianco a qualunque possibile valutazione di merito. E in senso stretto, l’impossibilità di comprendere al di fuori della sola banale ovvietà che “è questione di gusti”.
È possibile andare oltre l’autarchia delle valutazioni di gusto, nella definizione di una classifica o nella scelta di opere e autori da premiare? Dovrebbe essere una necessità e un valore da perseguire che trovo del tutto assente dall’impostazione del Premio Micheluzzi.

Esemplificativo

In conclusione, detto per inciso che ci sono modi peggiori di premiare (in altri medium, il Festival di Sanremo lottizzato dalle etichette discografiche; il Premio Strega predeterminato dagli editori, come suggerito dal collettivo Luther Blisset nel 1999 “abbiamo consigliato di comprarci il quarto posto”), mi preme evidenziare che l’esempio del Premio Micheluzzi è solo occasione per mettere in risalto una debolezza cronica della cultura sul fumetto in Italia: l’incapacità di molti operatori e addetti ai lavori di sviluppare progettualità organiche sotto tutti i punti di vista.
Quale utilità culturale, sociale ed economica (intesa in relazione alla produzione e allo sviluppo economico del settore fumetto) hanno questi premi? Quale impegno, programmazione e attenzione vengono investiti in queste iniziative? Forse, potrebbe essere utile modificare la posizione dei premi nella scaletta delle priorità di una manifestazione, trasformandoli in elementi centrali dello sviluppo organico di un modo di ragionare sul fumetto, un’opportunità strategica e dalla buona visibilità per caratterizzare fortemente una manifestazione. Perché in realtà un premio potrebbe rappresentare l’opportunità per osservare il fumetto da un punto di vista privilegiato (ma che deve essere esplicitato adeguatamente), per tastarne il polso e comprenderne lo stato di salute. Potrebbe diventare occasione di confronto e motivo di reale investimento di idee e, perché no, economico.
Al contrario, si assecondano solo un’idea di festival derivativa e l’innato bisogno umano (e decisamente italiano) di competere per la gloria e decretare vincitori, un bisogno che spesso diviene aberrazione quando si ha a che fare con i prodotti culturali, che per loro natura non sono facilmente inquadrabili in categorie valoriali e di merito esplicite e univoche.
C’è molta strada da fare, quindi, che richiede un lavoro concettuale e organizzativo decisamente superiore, un salto che sarebbe segno di una nuova maturità degli addetti ai lavori.

Harry

2 commenti:

  1. Non è esattamente un premio "Micheluzzi", però a Napoli è stato anche attribuito il premio Nuove Strade a Francesco Cattani, a cura nostra, del Cfapaz, e del Comicon. mi sembra di capire che sia un premio gradito un po' da tutti, anche se molto meno enfatizzato... Paradossalmente il metodo è molto meno formale dei premi Micheluzzi (e di altri). La valutazione è fatta direttamente da noi e dal Comicon.
    E qui mi incontro con il tuo ragionamento, se l'ho colto correttamente: talvolta una forma anche complessa può non garantire la sostanza.

    Detto ciò, non esiste in questo momento un premio fumettistico veramente efficace e autorevole, per tutta una serie di motivi: talvolta difetta il metodo, altre la comunicazione, altre ancora la selezione.
    Speriamo che a furia di parlarne...

    Cmq ho fiducia che i meccanismi del Comicon e di Lucca Comics migliorino. E direi anche di tenere d'occhio i Romics d'Oro e i premi di Fumetti in TV.

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  2. grazie michele per l'indicazione. approfondisco il discorso del premio nuove strade. che in effetti ha avuto poca visibilità.

    per il resto, spero che sia chiaro che queste mie riflessioni vogliano essere proprio occasione di dialogo e confronto.
    credo che in qualche modo un premio, qualunque sia, possa essere una cartina di tornasole della maturità del medium.

    Harry

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