mercoledì 12 maggio 2010

Punto di rottura



Come sai, ho a più riprese parlato di Caravan, la miniserie Bonelli ideata e sceneggiata da Michele Medda che giunge nel mese di maggio alla sua conclusione. Ne ho parlato bene, ne ho parlato criticamente.
Sono convinto si tratti di un esperimento importante ma non riuscito. Un fallimento? Direi di no. Un passaggio interlocutorio, forse, sia per la casa editrice che per il percorso professionale dell’autore.
Prima di tornare a parlarne in relazione alla sua conclusione, che svela tutti i misteri, mi preme però evidenziare un fatto certo. Nei dodici numeri che compongono la miniserie, Caravan ha goduto di alcune storie singole eccellenti. E questo dovrebbe bastare. Non può, ma dovrebbe.
Di fatto, il pretesto catastrofico che ne regge le sorti – in modo traballante – è stato ben sfruttato da Medda in alcune occasioni. Una delle migliori è stata senza dubbio Punto di rottura, il numero 10.
Osservando da vicino, dimenticando l’arrivo, lasciandosi guidare per una volta con fiducia dagli autori (con Medda c’è un Emiliano Mammucari sempre più bravo), Punto di rottura è un ottimo esempio di narrazione “popolare sofisticata”. Uso questi due termini accostati con leggerezza, senza pensarci troppo. Intendo qualcosa che ha a che fare con la chiarezza, la linearità, la semplicità da un lato; la riflessione, la consapevolezza dei mezzi, la profondità delle emozioni evocate, la volontà di non farsi ingarbugliare dai compromessi, la cura dei dettagli dall’altro.
È in questo strano equilibrio che Medda esce vincitore, se non in altri. Un equilibrio che è sinonimo di intelligenza, di responsabilità narrativa e di passione.
Punto di rottura è caratterizzato da continui cambi di scena e di registro. La tragedia si intreccia con la comicità, il (melo)dramma con l’azione (o meglio, la tensione per l’azione drammatica in movimento). Mammucari punteggia questi passaggi molto abilmente, inserendo nelle pieghe del suo stile realistico alcune brevi sequenze cartoonesche, a supporto dei racconti umoristici di un comico della carovana. Il gioco funziona talmente bene che il momento più commuovente e riuscito è proprio il finale, quando l’ennesima storiella si trasforma in “parabola” sui disegni cartoon di Mammucari che qui, più che umoristici, appaiono colorati dei ricordi dell’infanzia. Il segno che è simbolo diviene pienamente sinergico con il messaggio che si vuole comunicare.
Punto di rottura è davvero un punto di non ritorno per la serie, sul piano dell’intreccio, ma è anche una piccola boa, un segnale di come il fumetto Bonelli possa muoversi e, ancora, di quali vette narrative Caravan ha offerto.
Ti auguro di leggerla, questa storia, e di non farti soffocare dal (pre)giudizio per un finale che arriva. Malgrado la mia segnalazione sia fuori tempo massimo.

Harry

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