giovedì 12 agosto 2010

Amo le confessioni



Quindi: secondo la mia personale esperienza, non vale la pena investire del denaro nella produzione di fumetti italiani, perlomeno per noi micro editori.
Mario Taccolini



Chi non ama le confessioni? In un ambito, poi, come quello dell’editoria a fumetti dove i segreti sono all’ordine del giorno, sono vere boccate di ossigeno. In particolare quando alla confessione si associa un atto di verità, ché non tutte funzionano così, purtroppo.
Mario Taccolini è da tanti anni nel mondo del fumetto. Ha una fumetteria che funziona e qualche anno fa ha deciso di pubblicare fumetti. Conosci le Edizioni Arcadia, vero? Bene. Prova a dirmi un titolo che ha pubblicato nei suoi pochi anni di vita? Uno solo.

La confessione di Taccolini è lucida, spietata, concreta, veritiera, emblematica, anti-consolatoria e definitiva. E porta a un’unica conclusione: non ci si improvvisa editori. Non si può. Non se si vuole fare gli editori onesti e avere un bilancio in attivo.
Le Edizioni Arcadia hanno pagato almeno per due errori grossolani ma fondamentali (e ahimè ricorrenti): la qualità delle proposte; la mancanza di promozione.
Il primo punto può essere un mero giudizio soggettivo, e non è mia intenzione fare un’analisi di ogni proposta uscita. Tuttavia, ho letto ognuna delle prime uscite della casa editrice, 2007, e non ho trovato nessuna idea forte che potesse affermarsi al di sopra della media di quanto proposto in Italia. Al contrario, e grafica a parte, mi sono sembrate tutte inoffensive, sia sul piano culturale che, come si dice, dell’evasione. Non conosco le dinamiche (professionali e personali) che hanno portato a quei prodotti, ma qualcosa a mio avviso ha annebbiato il giudizio di Taccolini e compagnia. Erano fumetti sbagliati, sia in termini di validità di per sé, sia in termini di possibile posizionamento nel mercato italiano.

Il secondo punto, invece, non rischia di essere messo in discussione da soggettivismi. Lo dice lo stesso Taccolini nella sua confessione, quasi di sfuggita

Ovviamente, ammetto le mie colpe: in particolare, non sono riuscito a "pubblicizzare" abbastanza gli albi, usciti tra l'indifferenza quasi generale della critica e dei forum.

E lo mette in evidenza quando, citando costi ed entrate del suo bilancio imprenditoriale, non accenna mai a “investimenti” (economici, ma soprattutto di tempo e risorse personali) in termini promozionali. L’indifferenza generale, un dato di fatto costitutivo di un mercato saturo, ristretto e abituato ai clamori, può essere superata solo creando iniziative rilevanti che possano promuovere i propri prodotti. E prima che Bottero si arrabbi, chiarisco che non mi riferisco a pubblicità stracostose su TV o riviste o quotidiani. No, parlo di iniziative territoriali che arrivino alle persone, che possano colpire l’immaginario delle persone, che creino interesse e facciano muovere le opinioni.

Sia chiaro, una promozione costruita nel modo che intendo sopra vive solo su un prodotto buono e, sinergicamente, un prodotto buono trova spazio, credibilità e lettori attraverso un lavoro promozionale deciso, originale, coerente e in movimento.
Ma questo richiede tempo, idee, sinergie e progettualità imprenditoriale. Cose che un micro editore (o un editore a tempo perso?) non ha.

Harry.

8 commenti:

  1. " Quindi: secondo la mia personale esperienza, non vale la pena investire del denaro nella produzione di fumetti italiani, perlomeno per noi micro editori. "

    Mario Taccolini
    questa è la sua opinione, la mia è l'esatto contrario! Che significa vale la pena? bhè che scemo che sono, naturalmente in termini strettamente economici.

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  2. beh... si stava parlando di soldi, in quella discussione.

    poi: "Non conosco le dinamiche (professionali e personali) che hanno portato a quei prodotti, ma qualcosa a mio avviso ha annebbiato il giudizio di Taccolini e compagnia. Erano fumetti sbagliati, sia in termini di validità di per sé, sia in termini di possibile posizionamento nel mercato italiano."

    ogni opinione è rispettabilissima, ci mancherebbe, e non intendo mettere in dubbio nè le tue nè quelle di nessun altro (anche se, ovviamente, sono molto differenti dalle mie). Però... parli di Lucca 2007: lì abbiamo presentato cinque fumetti, di cui tre in perdita (Giada n. 1, Maisha n. 1 e 4 Volti della paura), uno in pareggio (Self Service) ed uno che ha praticamente esaurito le 2000 copie di tiratura (l'albo per il decennale di Jonathan Steele). Quindi non ritengo che fossero "tutti" fumetti sbagliati (perché, tralasciando il loro valore artistico, due di loro si sono dimostrati adattissimi a stare nel mercato).
    E, comunque: un giudizio sulla casa editrice che si fermi alle prime cinque uscite non mi pare particolarmente corretto.

    d'accordissimo sulla parte finale del post.

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  3. @ mario: intanto grazie della tua precisazione, che mi permette di farne una mia. ho citato le prime storie da te proposte perché credo che lo start-up sia fondamentale per una casa editrice, per essere riconosciuta in un certo modo e per porre le fondamenta del futuro.
    ora, delle 4 pubblicazioni, solo 2, se non erro, erano storie inedite create per arcadia, e che avrebbe dovuto, potuto, essere la base per gli sviluppi futuri. purtroppo proprio le due andate peggio. tra i motivi (possono essercene tanti), per me anche la loro non grande efficacia.
    poi, delle tue altre pubblicazioni non ho parlato, ma le conosco quasi tutti piuttosto bene, da l'insonne, a spray litz, a ford ravenstok (l'unica a mio avviso, tra le nuove proposte che merita vero interesse), load bible (sopravvalutato e, in definitiva, scialba). che immagine di editore esce dall'insieme di queste pubblicazioni? da un lato una personalità indefinita per le nuove proposte, dall'altro un editore intanto a resuscitare (riproporre) cose vecchie. tra queste, lo ammetto, ho una vera allergia per l'insonne, pretenziosa, mal sceneggiata da sempre, falsamente impegnata, e dal respiro corto.
    tutto questo, per dire che il mio giudizio ha uno sguardo più ampio, che si può certamente non condividere.

    @ the passenger: il bilancio economico di una casa editrice credo sia piuttosto importante.

    harry

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  4. inutile discutere dei tuoi gusti (come puoi facilmente immaginare, a me L'Insonne piace parecchio).

    le cinque uscite di Lucca 2007 erano:
    - Jonathan Steele, speciale 10 anni: con copertina e due storie inedite (disegnate rispettivamente da Sergio Ponchione e Mirco Pierfederici), oltre a redazionali e varie pin-up;
    - Maisha n. 1: copertina di Marco Turini, storia di Matteuzzi, disegni di Alessio Fortunato, Michela Da Sacco e Fabiano Ambu. 48 pagine inedite;
    - Giada n. 1: cover di Enea Riboldi, storia di Federico Sfascia, disegni di Maurizio Rosenzweig, Matteo Cremona e Sfascia. 48 pagine inedite;
    - 4 volti della paura: di Luigi Siniscalchi. Le storie, in questo caso, non sono state realizzate appositamente per noi, ma erano completamente inedite.
    - Self Service: di Ferrandino, Brindisi, Walter Venturi, Giuseppe Liotti e Nardo Conforti. Ristampava una storia di otto pagine uscita su Mostri, ma le restanti 40 pagine sono state, dal mio punto di vista, un recupero importante: Ferrandino aveva scritto, ai tempi, la sceneggiatura, ma i disegni non erano mai stati realizzati. Bruno Brindisi ha scelto personalmente i disegnatori per completare finalmente una storia che era piaciuta molto su Mostri (non hai idea di quanta gente, allo stand, sfogli l'albo e dica: "questa me la ricordo!"), e che ritenevo degnissima di pubblicazione. Giusto per precisione: nel frattempo non ho cambiato idea.

    Quindi: tre albi non erano su personaggi della casa editrice, ma presentavano parecchie pagine prodotte da noi.
    Sono comunque d'accordo sullo start-up e sulla brutta impressione che possono aver dato quegli albi. Erano i primi, ed avevano molti difetti. Ma nel frattempo siamo cresciuti, ed i nostri albi vendono più di prima. Il nocciolo della questione, però, è: abbiamo provato a fare albi italiani a basso costo, pagando delle cifre che ritengo eque agli autori. Abbiamo lavorato con esordienti bravissimi (Liotti e la Lupacchino, per esempio) ed autori di richiamo. Abbiamo investito moltissimo nelle fiere, nelle pubblicità su Anteprima e Mega, negli incontri con gli autori (ne abbiamo organizzati almeno una trentina, in varie fumetterie sparse per l'Italia), in altri avvenimenti (il Free Comics Book Day, per esempio. Ma abbiamo organizzato anche una mostra sul fumetto nel museo diocesano di Bergamo, visitata da tremila spettatori paganti, che abbiamo utilizzato anche per "trainare" Ravenstock, Maisha e Giada. Abbiamo creato un blog e un sito -vabbè... quello, nel frattempo l'ho cancellato- abbiamo proposto conti vendita a più di venti fumetterie, abbiamo coinvolto radio e quotidiani e regalato decine di copie).
    Conclusione: stando alla mia esperienza, un editore da fumetteria (il formato dei nostri albi non ci permette di distribuirli nelle librerie di varia) deve "puntare" al pareggio vendendo 300 copie. Perché, vendendone 500 (che è la media delle nostre uscite, escludendo L'Insonne), si vorrebbe poter pagare gli stand alle fiere e, magari, bersi un caffè con gli utili. Cifre che, purtroppo, non permettono di pagare decentemente gli autori.

    p.s.: Sprayliz non l'abbiamo pubblicata noi! L'ha fatto la BD: per noi erano state realizzate 100 copie con copertina variant di ogni numero.

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  5. “Tra queste, lo ammetto, ho una vera allergia per l'insonne, pretenziosa, mal sceneggiata da sempre, falsamente impegnata, e dal respiro corto.”

    I gusti son gusti, caro Harry, sapessi che allergie mi porto dietro io.
    Le critiche hanno diritto sacrosanto di esserci. Non pretendo neppure che siano costruttive, tanto ognuno costruisce o demolisce a suo modo.
    Spero che questo tuo velenoso parere non sia frutto solo di una lettura del '94, altrimenti credo che Mario sarà felice di farti recapitare la collezione completa in modo da avere una disamina più dettagliata e certamente interessante.

    Cordialmente.

    Giuseppe Di Bernardo

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  6. caro giuseppe,
    grazie di aver scritto malgrado il mio commento diretto.
    non vuole essere velenoso né distruttivo. ovviamente si tratta di un'osservazione veloce in un commento e non è certo luogo di articolazioni.
    il mio parere è basato principalmente sulla lettura delle uscite free books, quindi, credo, a maturità già in atto.
    purtroppo, trovo le tue sceneggiature artificiose e meccaniche. anche se sono convinto che le intenzioni siano autentiche.
    tra l'altro, un problema che ritrovo anche in cornelio, fumetto dalle buone potenzialità secondo me sfruttate solo in minima parte (per usare un eufemismo).
    de gustibus? può darsi.
    duro. certo, ma senza veleno.

    harry

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  7. Certo, io sarò pure lo sceneggiatore (part time) peggiore dello stivale, ma gradisco le critiche. Riesco sempre a farle fruttare.
    Però, quello che non mi è proprio piaciuto, perdonami, sono i termini "allergia" e "falsamente impegnata".
    Scriverò certamente in modo artificioso ma perché darmi del falsamente impegnato?

    Grazie dello spazio.

    g.

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  8. "falsamente impegnata" non è certamente un processo alle intenzioni, ma un parere personale sul risultato, su quello che il tuo fumetto mi comunicava.
    perdonami, ma leggere l'insonne mi dava la sensazione di storie posticce, senza convinzione, meccaniche, prive di quella vitalità che i temi da te trattati richiedevano.
    detto ciò, non voglio certo fare accanimento.
    credo che non abbia giovato il tentativo di inserire quelle tematiche in quel modo, all'interno di una costruzione "avventurosa".
    secondo me semplicemente non centravi il punto.
    tutto qui.
    parere personale.

    harry

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